martedì, ottobre 30, 2007

CROZZA-ZICHICHI

BY STEPNIAK


Crozza - Zichichi

Oggi posto questo pezzo meraviglioso, visto domenica sera, con Crozza che imita Zichichi in compagnia dell'astrofisica Sandra Savaglio e del matematico Piergiorgio Odifreddi. La Savaglio è un'autorità nel campo dell'astrofisica mondiale ... ovviamente non lavora in Italia! E come potrebbe, vista l'età relativamente giovane, nel paese della gerontocrazia!?! Meditate gente!

martedì, ottobre 23, 2007

Il doppio lavoro stressa...

dal blog di beppe grillo:



Dolcino facente funzione

interviste_De_Magistris.jpg

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Dolcino Favi “era” il facente funzione di Procuratore Generale che ha “avocato” l’inchiesta Why not a De Magistris.
Dolcino era “facente funzione” a Catanzaro in attesa della nomina del nuovo Procuratore Generale.
Il Consiglio Superiore della Magistratura ha nominato giovedì 18 ottobre il nuovo PG.
Cosa farebbe un “facente funzione” all’arrivo della persona incaricata a esercitare la funzione?
Pulirebbe la scrivania, metterebbe in una scatola di cartone i suoi documenti, saluterebbe la segretaria e accoglierebbe con una stretta di mano il legittimo incaricato.
L’ultima cosa che farebbe sarebbe quella di anticipare la conclusione dei casi controversi, di prendere decisioni che dovrebbero spettare ad altri.
Dolcino ha preferito portarsi avanti con il lavoro e avocare De Magistris.
Forse ne aveva la legittimità formale, ma non quella sostanziale. Di un caso che rischia di fare cadere il Governo era opportuno si occupasse il nuovo PG dopo aver visto tutte le carte, con calma.
Perchè tanta fretta da parte di un “facente funzione”?
Perchè De Magistris è venuto a conoscenza dell’avocatura dopo che era diventata di pubblico dominio?
Il CSM non ha nulla da dire su una decisione intempestiva presa da un “facente funzione” di fatto delegittimato dalla nuova nomina?
L’inchiesta venga restituita a De Magistris o per l’opinione pubblica Prodi e Mastella saranno comunque colpevoli.
Mastella fa il doppio lavoro, ministro e sindaco di Ceppaloni. Dove trova il tempo? E’ stanco e si vede. Non regge alla doppia attività da dipendente. Si dimetta da ministro, lo faccia per la sua salute e anche per la salute pubblica. Torni al paesello.

domenica, ottobre 21, 2007

BORSELLINO DOCET...

De Magistris e l'inchiesta tolta
«Contro di me i poteri occulti
, ora rischio pallottole e tritolo»
Lo sfogo del pm: non ci sono le condizioni per fare il magistrato in Calabria

CATANZARO — Non è abbattuto. Non è prostrato. Ma «questa pugnalata alle spalle» Luigi de Magistris, professione pm, non se l'aspettava. Il «pugnalatore » si chiama Dolcino Favi, un avvocato generale dello Stato che da gennaio 2007 fa il procuratore generale reggente a Catanzaro. Favi ha avocato a sé l'inchiesta Why not, quella in cui sono indagati il presidente del Consiglio, Romano Prodi (abuso d'ufficio), il ministro della Giustizia Clemente Mastella (abuso d'ufficio, finanziamento illecito ai partiti, truffa all'Unione europea e allo Stato italiano) e una schiera di politici, affaristi, militari, magistrati, massoni.

Allora, dottor de Magistris, c'è una strategia in ciò che sta accadendo?
«È evidente. C'è una strategia in atto. Una strategia ben nota all'Italia. Si chiama strategia della tensione».

Come fa a dirlo?
«Le intimidazioni istituzionali, le pallottole, la richiesta di trasferimento da parte del ministro, e da ultimo l'avocazione di un'altra mia indagine e la fuga di notizie sull'iscrizione del ministro tra gli indagati, tutto questo è opera di una manina particolarmente raffinata».

Quale manina?
«Poteri occulti. Massoneria, soprattutto. Coadiuvati da pezzi della magistratura, non solo calabrese, che in questa vicenda hanno svolto un ruolo fondamentale L'ultimo gol, secondo questo ragionamento, lo hanno fatto segnare al procuratore generale Favi? «Beh, è un dato di fatto che il dottor Favi, soprattutto negli ultimi mesi, sembra che abbia svolto soltanto un ruolo: una intensa attività epistolare in cui si è occupato di me, come magistrato e come persona fisica. Voleva togliermi anche l'inchiesta Toghe lucane. Finora non c'è riuscito, ma non è detto che non abbia già pensato di concludere il lavoro ».

Per quali ragioni lei teme che si voglia spingere il Paese in un clima da anni di piombo?
«Perché con questa avocazione, me lo lasci dire, torniamo alla magistratura fascista, forte con i deboli e debole con i forti. Davanti alla legge, i potenti non sono uguali come tutti gli altri. Questo è il messaggio. E il pericolo è che si apra la strada a un periodo buio: ognuno stia al suo posto e non si immischi, perché rischia ».

Lei rischia?
«Certo. E non solo io. Anche tutti gli altri che si sono occupati di queste vicende. E tutti i cittadini».

Cosa si rischia?
«Dopo un'avocazione di un'inchiesta del genere, distrutto lo Stato di diritto, rischi le pallottole e il tritolo».

Come le pallottole inviate a lei e al gip di Milano, Clementina Forleo, firmate Brigate rosse?
«Ma quali Brigate rosse! Per fortuna, oggi siamo in un momento storico diverso, non c'è il terreno di coltura dell'ideologismo fanatico degli anni '70 e c'è una grande attenzione al tema dei diritti. No, non c'è il rischio di iniziative violente da parte di improbabili sigle terroristiche vecchie e nuove. Quei proiettili inviati a me e alla collega Forleo provengono da settori deviati di apparati dello Stato, che già in passato hanno messo in pericolo le istituzioni e oggi cercano di riprodurre quel clima».

Dica la verità, lei ritiene che sia in atto un golpe giudiziario?
«La parola golpe la usa lei. Certo è che è accaduta una cosa senza precedenti, della quale non so ancora ufficialmente nulla, poiché nulla mi è stato notificato. L'ho appreso dall'Ansa. No, non mi pare ci siano più le condizioni per fare il magistrato, specie in Calabria, avendo come punto di riferimento l'articolo 3 della Costituzione (principio di uguaglianza di tutti i cittadini, ndr) ».

Da quand'è che si trova sotto tiro?
«Da quando ho cominciato a indagare sui finanziamenti pubblici europei. Da allora, è scattata la strategia delle manine massoniche. Questo di oggi è solo l'ultimo atto. Staremo a vedere quali saranno i prossimi, visto che ormai sono considerato un elemento "socialmente pericoloso"».

La accusano di aver iscritto Mastella nel registro degli indagati per ritorsione, per la storia del trasferimento.
«Falso. Le indagini, come tutti sanno, avevano un loro corso, che non poteva essere intralciato da attività esterne. Nemmeno da una richiesta di trasferimento, che appunto è da considerarsi un'attività esterna. La domanda da fare è un'altra».

La faccia.
«Mi chiedo: chi e perché ha fatto venir fuori la notizia dell'iscrizione di Mastella? E come mai è stata fatta pubblicare una cosa non vera, e cioè che Mastella fosse indagato anche per violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete? ».

E che cosa si risponde?
«Che è opera della stessa manina raffinata. Suggerisce qualcosa il fatto che prima ancora che le agenzie lanciassero la notizia, Mastella abbia dichiarato che con le associazioni massoniche lui non ha nulla a che fare?».

In questo scenario, le misure di sicurezza per lei sono state rafforzate?
«Non ne so nulla. So che continuo a mettere di tasca mia la benzina a un'auto blindata che è un baraccone, tanto che non può spostarsi nemmeno fuori Catanzaro».

E la riunione di giovedì scorso del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica?
«Come no. Mi hanno detto che vi ha preso parte anche il procuratore aggiunto Salvatore Murone (sul quale indaga la procura di Salerno, per fatti relativi a inchieste del pm de Magistris, ndr). La cosa un po' mi inquieta, poiché ritengo che proprio Murone sia uno dei principali responsabili del mio isolamento istituzionale, oltre che uno degli autori dell'attività di contrasto nei miei confronti all'interno dell'ufficio giudiziario».


Allora è vero che quella di Catanzaro è un'altra «procura dei veleni»?
«No. Non è così. Con la gran parte dei colleghi io ho un rapporto ottimo. Ma quando arrivo in Procura mi guardo lo stesso alle spalle. C'è nei miei confronti, e le vicende degli ultimi tre anni lo dimostrano, una precisa attività di contrasto, messa in atto verso ben precise indagini e svolta da parte di ben individuati soggetti».

Cosa pensa della telefonata dell'altro giorno tra i suoi indagati Prodi e Mastella che il premier ha definito «cordiale»?
«Non parlo delle indagini in corso, lo sa».

Dopo questa intervista, non l'accuseranno di aver avuto un «disinvolto rapporto » con la stampa?
«Questo è davvero paradossale. Sono io che ho subito i danni creati dalle fughe di notizie. E poi, adesso basta. Il momento è troppo grave. E quindi ritengo di potermi svincolare dal dovere di riservatezza che mi ero imposto, mentre tutti gli altri facevano con me il tiro al bersaglio ».


Pensa che debbano intervenire capo dello Stato e Csm?
«Sì. Lo spero. Non so perché il presidente Napolitano non sia ancora intervenuto. Confido che lo faccia il Csm, a tutela dell'autonomia e indipendenza di tutti i magistrati. Anche di quelli che lavorano in Calabria».

Carlo Vulpio - Corriere della Sera

21 ottobre 2007

sabato, ottobre 20, 2007

CARI AMICI, AHINOI, IL SALOTTO LETTERARIO CON GIANNI VATTIMO, PER MOTIVI DI SALUTE, E' RINVIATO PROBABILMENTE A NOVEMBRE.
TANTI AUGURI AL PROF E... ALLA PROSSIMA!

martedì, ottobre 16, 2007

NON MANCATE!

DA NON PERDERE!




IL FILOSOFO GIANNI VATTIMO
A PIANO DI SORRENTO


Martedì 23 ottobre alle ore 18,30 a Villa Fondi, Piano di Sorrento ospita Gianni Vattimo, uno dei più importanti, discussi ed eclettici filosofi italiani. All’incontro, moderato dalla Prof. Mariella Nica e organizzato dall’Associazione Culturale Eta Beta con il patrocinio del Comune di Piano di Sorrento Assessorati alla Cultura e Spettacolo e alla Pubblica Istruzione, interverrà il Prof. Franco Cuomo docente di Sociologia dei Processi Culturali e della Comunicazione presso l’Università degli Studi di Napoli.
Gianni Vattimo presenta il libro “Non Essere Dio” con il quale festeggia i suoi settant’anni e si racconta. Un bilancio esistenziale ma più ancora, un vero e proprio romanzo autobiografico, in cui ironia e autoironia, tratti caratteristici del personaggio Vattimo, scongiurano il rischio di autoanalisi noiose.
L’invenzione del Pensiero debole, l’esperienza politica, il complesso rapporto con il cristianesimo, l’omosessualità sono alcuni dei passaggi raccontati con un linguaggio comprensibile e mai banale, privo di tecnicismi filosofici. Nel libro, l’Essere di cui parla Vattimo, si presenta con i tratti di indebolimento, alleggerimento e ironia tipici della post-modernità: significativo è l’incipit del libro in cui l’autore inaugura i suoi settant’anni con una capocciata, letterale e non metaforica.
E’ un racconto in primissima persona, ma anche un romanzo a quattro mani, grazie al fondamentale apporto dello scrittore Piergiorgio Paterlini, che riesce a trasformare le tappe di una vita impareggiabile in una storia che si sviluppa fra normalità ed eccezionalità. Un romanzo che si colora via via di umorismo, rabbia, poesia, tenerezza, dolore, passione dove si assiste al nascere e allo svilupparsi di un pensiero originale riconosciuto in tutto il mondo, costantemente intrecciato alla vita quotidiana, alla storia, alla società. Un'intera epoca passa davanti ai nostri occhi filtrata dallo sguardo e dal pensiero di chi l'ha vissuta.
In “Non Essere Dio”, c’è quindi la verità di una vita che si mette a nudo con un abbandono commovente nel colloquio umano, tra un filosofo e uno scrittore; è un'opera di grande originalità dove la voce narrante alla fine è una sola e dove i fatti narrati sono lo strumento che veicola il messaggio forte dell’autore: vita e filosofia non possono essere disgiunte: «La filosofia, da sempre, per me deve essere utile, è strettamente intrecciata alla vita» dice nel libro a pag 26.
Diviso in tanti brevi capitoli il libro può essere anche letto seguendo percorsi diversi: le esperienze private e quelle determinate dal suo essere un filosofo di successo da almeno 40 anni, conteso per convegni e confronti dalle Università di tutto il mondo; le amicizie e le inimicizie intellettuali; l'impegno politico; la personale rilettura del cristianesimo e della religione; l'evoluzione del pensiero con l'originale proposta del pensiero debole che, a differenza di quello che l'espressione sembrerebbe suggerire (Vattimo ama ossimori e paradossi), è una forte proposta filosofica, "esistenziale e politica, di libertà, di liberazione".

Mariella Nica

sabato, ottobre 13, 2007

Cristo e le moschee




Cristo le avrebbe lasciate costruire le moschee...


Scritto da Silvio Daneo

Il nostro amico Silvio Daneo, ex vicesegretario nazionale della World Conference of Religions for Peace (Wcrp), con una ventennale esperienza in Asia, smonta in questa intervista gli argomenti di quanti si oppongono alla costruzione di nuove moschee in Italia, critica quella parte della Chiesa che “sembra dimenticare il Concilio Vaticano II”, e sulla reciprocità nei paesi musulmani dice chiaro e tondo: “Gesù non ha mai usato un criterio di reciprocità ‘interessata’, Gesù parla di un ‘dare’ senza aspettarsi nulla in cambio”. Ringraziamo Silvio per averci concesso di pubblicare questa intervista, che a nostro modo di vedere aiuta a riflettere sulla disinformazione imperante anche in materia di dialogo fra le culture e le religioni.

Perché la costruzione di una moschea suscita sempre tante polemiche?

Una delle cause la individuo nel pessimo servizio reso dai media sull’argomento. È fin troppo evidente che mettere in circolo una notizia circa la costruzione di una moschea provocherà polemiche. I media fanno di tutto perché la polemica si accenda, così rimane vivo l’interesse del pubblico e si esasperano maggiormente gli animi. A questo punto intervengono i più prestigiosi talk show televisivi che, normalmente, buttano benzina sul fuoco e non di rado sono “faziosi”. La gran parte della gente comune identifica questo bombardamento mediatico con la verità, non si rende conto che sono informazioni parziali, addomesticate se non, a volte, addirittura false. Sono centinaia i luoghi di culto musulmani (moschee di fatto) su tutto il territorio nazionale, spesso in locali prestati da parrocchie cattoliche. La gente questo non lo sa, se non coloro che abitano nelle vicinanze di questi luoghi. Ma se si scopre che in una moschea o in luoghi di culto musulmani un imam è sospettato di collaborazionismo coi terroristi, o che predica la violenza (cose purtroppo a volte successe), allora sono titoli da prima pagina, ne parlano i telegiornali, ne discuteranno con ogni probabilità anche i talk show. Tutti sapranno queste notizie negative. Va da se che la gente comune farà l’equazione “moschea = covo di terroristi”. Quando ero ragazzo e abitavo negli Stati Uniti, oltre quaranta anni fa, per moltissimi americani un italiano era necessariamente un mafioso. Aggiungerei che un ruolo notevole in queste polemiche lo assumono alcuni uomini politici che con certe loro prese di posizione irrazionali e dichiarazioni velenose influiscono molto negativamente sull’opinione pubblica. A questi personaggi non importa granché il bene comune, la convivenza pacifica. Pensano piuttosto ai loro interessi politici che dalle polemiche possono trarre enorme vantaggio, agevolati moltissimo dalla diffusa ignoranza della gente.

Come giudica l’uscita di Roberto Calderoli, esponente della Lega Nord, sul Maiale Day? È un atto comico oppure un atto offensivo preoccupante? [continua a leggere]

mercoledì, ottobre 10, 2007

QUALE PASTETTA TRA PRODI E IL BERLUSCA?


BY BISPENSIERO

Segreti di Stato
Scritto da Giulietto Chiesa

Il Signor Ugo Cortesi è una persona molto attenta. Come una sentinella ci mette in guardia dai possibili raggiri che, con la copertura di un giornalismo assente (Travaglio non può certo fare più di quanto non faccia già), i nostri parlamentari effettuano ai nostri danni, passando inosservati.
La sentinella se ne accorge, scova la truffa e la segnala a Giulietto Chiesa, che immediatamente, ringraziandolo, rende pubblica la notizia.
Ve la inoltriamo, ringraziando sia Chiesa (ovviamente Giulietto), sia, soprattutto, la sentinella:

"Si tratta della cosiddetta finanziaria, emessa dal governo di lor signori che formalmente si chiama ancora di centro sinistra. Per meglio dire si tratta del Decreto legge 1 ottobre 2007, n.159 che è il collegato della finanziaria.
Al quarto comma dell'art. 16 si affrontano le "Disposizioni in materia di sistema digitale terrestre". Mentre il signor Cortesi racconta ed enumera, noi cominciamo a sentire puzza di bruciato.
Un normale cittadino, che legga le righe seguenti, non ci capirebbe niente. Sono scritte apposta perchè nessuno, o quasi, ci capisca niente. Così si può farla franca, e, in genere, la fanno franca. Ed ecco le righe in questione, fatevi forza:

All'articolo 2 -bis , comma 5, del decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66, come modificato dall'articolo 19, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, le parole: «entro l'anno 2008» sono sostituite dalle seguenti: «entro l'anno 2012 ”.

A occhio e croce chi riesce a superare i "decreti", le "conversioni"”, le successive "modificazioni" e a mettere in ordine le date, capisce che una certa cosa, che doveva avvenire "entro l'anno 2008", avverrà adesso "entro l'anno 2012".
E che cos'è questa cosa che slitta? Nientepopodimeno che il passaggio della Terza Rete della Rai e della Rete Quattro di Mediaset sul satellitare.
Adesso tutto è chiaro. Il governo di centro sinistra, alla chetichella, sta regalando a Berlusconi altri quattro anni di sontuosa pubblicità, per svariate centinaia di milioni di euro. Naturalmente per fare questo disattende tutti i suoi impegni con gli elettori e contribuisce a eludere le sentenze della Corte Costituzionale. Cioè il governo, di nascosto, viola la legge.
E non vorremo mica pretendere che lo faccia alla luce del sole!
Infatti ci riesce. Nessun giornale, nessuna tv sembra essersi accorta della nube fumogena che è stata inserita nel decreto. Forse distratti, forse complici, forse entrambe le cose, a turno.
E poi ci vengono a dire che, se cade il governo Prodi, c'è il rischio che venga Berlusconi. E, nel frattempo, loro si mettono d'accordo con Berlusconi alle nostre spalle.
Un trucchetto molto simile a quello della precedente finanziaria, quando, sempre alla chetichella, qualcuno introdusse un comma che avrebbe eliminato i reati di corruzione nel pubblico impiego.
In quel caso, come in questo (ancora grazie signor Cortesi!) qualcuno se ne accorse e scoppiò lo scandalo.
Adesso lo scandalo non è ancora scoppiato e vorremmo che i parlamentari della sinistra (e quelli onesti che ancora siedono, non importa dove, negli scanni del Parlamento) lo facessero scoppiare, lo bloccassero, lo impallinassero.
E poi bisognerebbe sapere anche chi ha scritto quelle righe e per ordine di chi.
Cosa ha dato in cambio Berlusconi? Sarebbe interessante saperlo. Quanti altri mesi di tregua? Quali altri inciuci nei mesi a venire?
E poi dobbiamo leggere i soloni del giornalismo italiano (una pattuglia dei quali, al comando del caporale D'Avanzo, è saldamente dislocata nelle trincee del nuovo organo del Partito Democratico, cioè La Repubblica ), che parlano di "barbarie" quando Santoro si permette di trattare da malfattori coloro che fanno le malefatte.

VADE RETRO... "REPUBBLICA"!


Il Vaticano scomunica La Repubblica.
Tutta colpa dell'inchiesta di Curzio Maltese sulla casta di San Pietro.



Con una reazione senza precedenti, in soli due giorni il giornale dei vescovi "Avvenire" e il settimanale "Famiglia Cristiana" si sono scagliati contro l´inchiesta giornalistica di "Repubblica" su quanto costa la Chiesa cattolica agli italiani, firmata da Curzio Maltese. Se aggiungiamo che anche Papa Benedetto XVI, ricevendo giovedì il nuovo ambasciatore d´Italia presso la Santa Sede, ha affrontato l´argomento (per spiegare che la Chiesa non ha mire di potere, non pretende privilegi, non aspira a posizioni di vantaggio economico e sociale, perché ha un interesse profondo per il bene) allora è doveroso concludere che un´indagine giornalistica sta creando un effetto a catena nei Sacri Palazzi, forse perché il tema è in Italia inusuale.

"Avvenire" parla di "totali menzogne e mezze verità", mentre sottolinea come la Chiesa cattolica italiana "non goda di alcuna garanzia, perché dipende solo ed esclusivamente dagli italiani, che oggi la sostengono, domani chissà".

"Famiglia Cristiana" si domanda invece addirittura "chi vuole ridurre al silenzio i cattolici italiani" e denuncia gli "attacchi alla Chiesa", spiegandoli così: "I preti vengono visti e raccontati come libertini pedofili e molestatori sessuali, veri figli di Sodoma e Gomorra, mentre la Chiesa è rappresentata come un carrozzone fallimentare, simile alla Cassa per il Mezzogiorno, destinataria di aiuti di Stato".

Il giornale sostiene ancora che non c´è nulla di meglio di storie di sesso e soldi ("che comunque riguardano singoli individui") per "stuzzicare istinti morbosi" e ricorda, infine, l´importanza della presenza cattolica nel Paese, oltre al "prezzo più alto" pagato dal mondo cattolico al terrorismo e alla mafia. Perché, conclude il settimanale, "si pretende di bandire l´intelligenza cattolica dallo spazio pubblico"?

Rispondiamo brevemente, perché l´inchiesta di Maltese (che parla di soldi – lo ricordiamo – e non di sesso) non ha bisogno di difese e nelle prossime puntate si illustrerà da sola. Non sappiamo chi voglia "ridurre al silenzio" i cattolici, ma ammesso che qualcuno ne abbia l´intenzione, che cosa c´entra "Repubblica" e che cosa c´entra soprattutto il libero lavoro d´inchiesta di un giornale sul costo della Chiesa per gli italiani?

Condurre un´indagine giornalistica, raccogliere opinioni, presentare cifre e rendiconti presi da fonti ufficiali cattoliche, perché deve costituire una minaccia o addirittura un progetto per bandire il pensiero cattolico dallo spazio pubblico? Non ci risulta che esistano, magari in qualche clausola non conosciuta del Concordato, aree riservate e precluse al libero lavoro giornalistico. Oppure ai finanziamenti della Chiesa si deve applicare una sorta di inedita servitù giornalistica, non prevista per le altre istituzioni, italiane e occidentali, e in vigore soltanto nei Paesi non democratici?

dal sito dagospia.com

martedì, ottobre 09, 2007

MASTELLA: UNO DI NOI!

LOOK AT CLIP!

E IO PAGO...!


La Repubblica: I conti della Chiesa ecco quanto ci costa

di CURZIO MALTESE

"Quando sono arrivato alla Cei, nel 1986, si trovavano a malapena i soldi per pagare gli stipendi di quattro impiegati". Camillo Ruini non esagera. A metà anni Ottanta le finanze vaticane sono una scatola vuota e nera. Un anno dopo l'arrivo di Ruini alla Cei, soltanto il passaporto vaticano salva il presidente dello Ior, monsignor Paul Marcinkus, dall'arresto per il crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. La crisi economica è la ragione per cui Giovanni Paolo II chiama a Roma il giovane vescovo di Reggio Emilia, allora noto alle cronache solo per aver celebrato il matrimonio di Flavia Franzoni e Romano Prodi, ma dotato di talento manageriale. Poche scelte si riveleranno più azzeccate. Nel "ventennio Ruini", segretario dall'86 e presidente dal '91, la Cei si è trasformata in una potenza economica, quindi mediatica e politica. In parallelo, il presidente dei vescovi ha assunto un ruolo centrale nel dibattito pubblico italiano e all'interno del Vaticano, come mai era avvenuto con i predecessori, fino a diventare il grande elettore di Benedetto XVI.
Le ragioni dell'ascesa di Ruini sono legate all'intelligenza, alla ferrea volontà e alle straordinarie qualità di organizzatore del personaggio. Ma un'altra chiave per leggerne la parabola si chiama "otto per mille". Un fiume di soldi che comincia a fluire nelle casse della Cei dalla primavera del 1990, quando entra a regime il prelievo diretto sull'Irpef, e sfocia ormai nel mare di un miliardo di euro all'anno. Ruini ne è il dominus incontrastato. Tolte le spese automatiche come gli stipendi dei preti, è il presidente della conferenza episcopale, attraverso pochi fidati collaboratori, ad avere l'ultima parola su ogni singola spesa, dalla riparazione di una canonica alla costruzione di una missione in Africa agli investimenti immobiliari e finanziari.

Dall'otto per mille, la voce più nota, parte l'inchiesta di Repubblica sul costo della chiesa cattolica per gli italiani. Il calcolo non è semplice, oltre che poco di moda. Assai meno di moda delle furenti diatribe sul costo della politica. Il "prezzo della casta" è ormai calcolato in quattro miliardi di euro all'anno. "Una mezza finanziaria" per "far mangiare il ceto politico". "L'equivalente di un Ponte sullo Stretto o di un Mose all'anno".

Alla cifra dello scandalo, sbattuta in copertina da Il Mondo e altri giornali, sulla scia di La Casta di Rizzo e Stella e Il costo della democrazia di Salvi e Villone, si arriva sommando gli stipendi di 150 mila eletti dal popolo, dai parlamentari europei all'ultimo consigliere di comunità montane, più i compensi dei quasi trecentomila consulenti, le spese per il funzionamento dei ministeri, le pensioni dei politici, i rimborsi elettorali, i finanziamenti ai giornali di partito, le auto blu e altri privilegi, compresi buvette e barbiere di Montecitorio.

Per la par condicio bisognerebbe adottare al "costo della Chiesa" la stessa larghezza di vedute. Ma si arriverebbe a cifre faraoniche quanto approssimative, del genere strombazzato nei libelli e in certi siti anticlericali.

Con più prudenza e realismo si può stabilire che la Chiesa cattolica costa in ogni caso ai contribuenti italiani almeno quanto il ceto politico. Oltre quattro miliardi di euro all'anno, tra finanziamenti diretti dello Stato e degli enti locali e mancato gettito fiscale. La prima voce comprende il miliardo di euro dell'otto per mille, i 650 milioni per gli stipendi dei 22 mila insegnanti dell'ora di religione ("Un vecchio relitto concordatario che sarebbe da abolire", nell'opinione dello scrittore cattolico Vittorio Messori), altri 700 milioni versati da Stato ed enti locali per le convenzioni su scuola e sanità. Poi c'è la voce variabile dei finanziamenti ai Grandi Eventi, dal Giubileo (3500 miliardi di lire) all'ultimo raduno di Loreto (2,5 milioni di euro), per una media annua, nell'ultimo decennio, di 250 milioni. A questi due miliardi 600 milioni di contributi diretti alla Chiesa occorre aggiungere il cumulo di vantaggi fiscali concessi al Vaticano, oggi al centro di un'inchiesta dell'Unione Europea per "aiuti di Stato". L'elenco è immenso, nazionale e locale. Sempre con prudenza si può valutare in una forbice fra 400 ai 700 milioni il mancato incasso per l'Ici (stime "non di mercato" dell'associazione dei Comuni), in 500 milioni le esenzioni da Irap, Ires e altre imposte, in altri 600 milioni l'elusione fiscale legalizzata del mondo del turismo cattolico, che gestisce ogni anno da e per l'Italia un flusso di quaranta milioni di visitatori e pellegrini. Il totale supera i quattro miliardi all'anno, dunque una mezza finanziaria, un Ponte sullo Stretto o un Mose all'anno, più qualche decina di milioni.

La Chiesa cattolica, non eletta dal popolo e non sottoposta a vincoli democratici, costa agli italiani come il sistema politico. Soltanto agli italiani, almeno in queste dimensioni. Non ai francesi, agli spagnoli, ai tedeschi, agli americani, che pure pagano come noi il "costo della democrazia", magari con migliori risultati.

Si può obiettare che gli italiani sono più contenti di dare i soldi ai preti che non ai politici, infatti se ne lamentano assai meno. In parte perché forse non lo sanno. Il meccanismo dell'otto per mille sull'Irpef, studiato a metà anni Ottanta da un fiscalista all'epoca "di sinistra" come Giulio Tremonti, consulente del governo Craxi, assegna alla Chiesa cattolica anche le donazioni non espresse, su base percentuale. Il 60 per cento dei contribuenti lascia in bianco la voce "otto per mille" ma grazie al 35 per cento che indica "Chiesa cattolica" fra le scelte ammesse (le altre sono Stato, Valdesi, Avventisti, Assemblee di Dio, Ebrei e Luterani), la Cei si accaparra quasi il 90 per cento del totale. Una mostruosità giuridica la definì già nell'84 sul Sole 24 Ore lo storico Piero Bellini.

Ma pur considerando il meccanismo "facilitante" dell'otto per mille, rimane diffusa la convinzione che i soldi alla Chiesa siano ben destinati, con un ampio "ritorno sociale". Una mezza finanziaria, d'accordo, ma utile a ripagare il prezioso lavoro svolto dai sacerdoti sul territorio, la fatica quotidiana delle parrocchie nel tappare le falle sempre più evidenti del welfare, senza contare l'impegno nel Terzo Mondo. Tutti argomenti veri. Ma "quanto" veri?

Fare i conti in tasca al Vaticano è impresa disperata. Ma per capire dove finiscono i soldi degli italiani sarà pur lecito citare come fonte insospettabile la stessa Cei e il suo bilancio annuo sull'otto per mille. Su cinque euro versati dai contribuenti, la conferenza dei vescovi dichiara di spenderne uno per interventi di carità in Italia e all'estero (rispettivamente 12 e 8 per cento del totale). Gli altri quattro euro servono all'autofinanziamento. Prelevato il 35 per cento del totale per pagare gli stipendi ai circa 39 mila sacerdoti italiani, rimane ogni anno mezzo miliardo di euro che il vertice Cei distribuisce all'interno della Chiesa a suo insindacabile parere e senza alcun serio controllo, sotto voci generiche come "esigenze di culto", "spese di catechesi", attività finanziarie e immobiliari. Senza contare l'altro paradosso: se al "voto" dell'otto per mille fosse applicato il quorum della metà, la Chiesa non vedrebbe mai un euro.

Nella cultura cattolica, in misura ben maggiore che nelle timidissime culture liberali e di sinistra, è in corso da anni un coraggioso, doloroso e censuratissimo dibattito sul "come" le gerarchie vaticane usano il danaro dell'otto per mille "per troncare e sopire il dissenso nella Chiesa". Una delle testimonianze migliori è il pamphlet "Chiesa padrona" di Roberto Beretta, scrittore e giornalista dell'Avvenire, il quotidiano dei vescovi. Al capitolo "L'altra faccia dell'otto per mille", Beretta osserva: "Chi gestisce i danari dell'otto per mille ha conquistato un enorme potere, che pure ha importantissimi risvolti ecclesiali e teologici". Continua: "Quale vescovo per esempio - sapendo che poi dovrà ricorrere alla Cei per i soldi necessari a sistemare un seminario o a riparare la cattedrale - alzerà mai la mano in assemblea generale per contestare le posizioni della presidenza?". "E infatti - conclude l'autore - i soli che in Italia si permettono di parlare schiettamente sono alcuni dei vescovi emeriti, ovvero quelli ormai in pensione, che non hanno più niente da perdere...".

A scorrere i resoconti dei convegni culturali e le pagine di "Chiesa padrona", rifiutato in blocco dall'editoria cattolica e non pervenuto nelle librerie religiose, si capisce che la critica al "dirigismo" e all'uso "ideologico" dell'otto per mille non è affatto nell'universo dei credenti. Non mancano naturalmente i "vescovi in pensione", da Carlo Maria Martini, ormai esiliato volontario a Gerusalemme, a Giuseppe Casale, ex arcivescovo di Foggia, che descrive così il nuovo corso: "I vescovi non parlano più, aspettano l'input dai vertici... Quando fanno le nomine vescovili consultano tutti, laici, preti, monsignori, e poi fanno quello che vogliono loro, cioè chiunque salvo il nome che è stato indicato". Il già citato Vittorio Messori ha lamentato più volte "il dirigismo", "il centralismo" e "lo strapotere raggiunto dalla burocrazia nella Chiesa". Alfredo Carlo Moro, giurista e fratello di Aldo, in uno degli ultimi interventi pubblici ha lanciato una sofferta accusa: "Assistiamo ormai a una carenza gravissima di discussione nella Chiesa, a un impressionante e clamoroso silenzio; delle riunioni della Cei si sa solo ciò che dichiara in principio il presidente; i teologi parlano solo quando sono perfettamente in linea, altrimenti tacciono".

La Chiesa di vent'anni fa, quella in cui Camillo Ruini comincia la sua scalata, non ha i soldi per pagare gli impiegati della Cei, con le finanze scosse dagli scandali e svuotate dal sostegno a Solidarnosc. La cultura cattolica si sente derisa dall'egemonia di sinistra, ignorata dai giornali laici, espulsa dall'universo edonista delle tv commerciali, perfino ridotta in minoranza nella Rai riformata. Eppure è una Chiesa ancora viva, anzi vitalissima. Tanto pluralista da ospitare nel suo seno mille voci, dai teologi della liberazione agli ultra tradizionalisti seguaci di monsignor Lefebrve. Capace di riconoscere movimenti di massa, come Comunione e Liberazione, e di "scoprire" l'antimafia, con le omelie del cardinale Pappalardo, il lavoro di don Puglisi a Brancaccio, l'impegno di don Italo Calabrò contro la 'ndrangheta.
Dopo vent'anni di "cura Ruini" la Chiesa all'apparenza scoppia di salute. È assai più ricca e potente e ascoltata a Palazzo, governa l'agenda dei media e influisce sull'intero quadro politico, da An a Rifondazione, non più soltanto su uno. Nelle apparizioni televisive il clero è secondo soltanto al ceto politico. Si vantano folle oceaniche ai raduni cattolici, la moltiplicazione dei santi e dei santuari, i record di audience delle fiction di tema religioso. Le voci di dissenso sono sparite. Eppure le chiese e le sagrestie si svuotano, la crisi di vocazioni ha ridotto in vent'anni i preti da 60 a 39 mila, i sacramenti religiosi come il matrimonio e il battesimo sono in diminuzione.

Il clero è vittima dell'illusoria equazione mediatica "visibilità uguale consenso", come il suo gemello separato, il ceto politico. Nella vita reale rischia d'inverarsi la terribile profezia lanciata trent'anni fa da un teologo progressista: "La Chiesa sta divenendo per molti l'ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l'ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo". Quel teologo si chiamava Joseph Ratzinger.

(Hanno collaborato Carlo Pontesilli e Maurizio Turco)

FIRMA LA PROPOSTA DI LEGGE
ABOLIZIONE dell'OTTO per MILLE

Testo integrale sul sito Petitionline

lunedì, ottobre 08, 2007

dal blog di Stepniak

dal blog di Stepniak



MICHELA VITTORIA BRAMBILLA: il nuovo che avanza...

Il volto nuovo del “liberalismo” italiano ha fluenti capelli rossi sempre freschi di coiffeur, indossa abitini stretti bianchi o neri, tacchi da night club. Michela Vittoria Brambilla, la Berlusconi in minigonna, sorride a comando, viaggia su una mercedes sportiva, fuma sigarettine sottili, s’accompagna a personaggi destrorsi, intrattiene le platee con una formidabile capacità di macinare parole senza dir nulla. Il modello è la televendita.

Raccontano che sia miliardaria di famiglia e abbia vinto un titolo da miss. Prima di essere folgorata dalla passione politica, la tenutaria del “partito della libertà” gestiva ditte di cibo in scatola, destino impari alle sue doti. Poi il padrone l’ha notata e le ha regalato luce, per svecchiare il brand. Lei se la gode, finché dura. Non è escluso (al punto in cui siamo niente è da escludere) che ce la ritroveremo ministro ... magari della Pubblica Istruzione. Con i suoi sorrisi di plastica e i suoi tacchi da night club.

Grazie all'armata brancaleone della sinistra italiana ecco chi saranno i nostri prossimi governanti!
Godetevi il video! Poi provate a riassumere la quantità di concetti che dice in 2 minuti ... si, lo so .... 0 diviso qualsiasi numero fa 0! :)

sabato, ottobre 06, 2007

Grazie Mastella!

Lettera aperta di Salvatore Borsellino

Voglio ringraziare il Ministro Mastella per la sua iniziativa di richiesta di allontanamento per incompatibilità ambientale del Giudice De Magistris dalla procura di Catanzaro.

Voglio ringraziarlo pubblicamente perché mi ero ormai convinto che a seguito delle campagne di delegittimazione e di aggressioni di ogni tipo nei confronti della Magistratura la gente si fosse ormai assuefatta all’arroganza e all’impunità dei politici e avesse accettato come normale ed ineluttabile questo stato di cose.

Ora invece la reazione provocata da questa iniziativa nell’opinione pubblica, nella gente comune, reazione che sta provocando in tutta Italia raccolte di firme e mobilitazioni spontanee, soprattutto di giovani, a sostegno del Magistrato perché possa continuare il suo lavoro senza intimidazioni e interferenze esterne, mi ha fatto rinascere la speranza che le cose possano ancora cambiare.

Ho sottoscritto insieme a Sonia Alfano una lettera al Capo dello Stato dove chiediamo che tuteli, come è suo compito, l’indipendenza della Magistratura raccomandando al CSM, di cui è Presidente, di rigettare la richiesta del Ministro. E chiedergli invece di occuparsi di altri e ben più gravi problemi della Giustizia, come il caso della Procura di Caltanisetta, dove sono concentrate le indagini sui fatti più gravi della nostra storia recente, quali l’indagine sui mandanti esterni della strage di Via D’Amelio e l’indagine sulla sparizione dell’agenda rossa di Paolo, che viene, dal 12 luglio 2006, lasciata senza una guida ed affidata ad un reggente.

Voglio però sperare che il sig. Ministro prenda spontaneamente atto della situazione di incompatibilità ambientale che si è creata tra la sua persona e la maggioranza degli Italiani e voglia attuare il suo proposito di dimettersi, proposito più volte minacciato, ma finora solo allo scopo di ricatto nei confronti della maggioranza di Governo.

Il sig. Mastella ama spesso ripetere di essere una persona onesta, non deve quindi temere che le indagini in corso da parte del giudice De Magistris possano coinvolgere la sua persona, potrebbero al massimo coinvolgere i suoi amici o persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene qualche tipo di rapporto, magari non sempre limpido.

Dovrebbe essere anzi grato al Giudice De Magistris che con le sue indagini potrà dimostrare l’onestà del sig. Ministro fornendogli una patente di onestà certificata che avrebbe per questo più valore delle sue affermazioni che, agli occhi dell’opinione pubblica, non possono che essere di parte e quindi non obiettive se non addirittura sospette.

Non vorrei però insistere troppo sulla sua persona con il rischio di additarlo come comodo capro espiatorio dei tanti mali della politica italiana, come ha detto Beppe Grillo con un’ironia che il sig. Mastella non è stato in grado di capire e che tutta la stampa nazionale ha fatto finta di non capire pubblicando titoli a tutta pagina sulla pretesa di pace tra il politico e il comico, e qui lascio al vostro giudizio decidere chi sia il politico e chi il comico, e pubblicando poi solo qualche trafiletto poco visibile quando Beppe Grillo ha chiarito le vere intenzioni della trappola in cui l’aveva fatto cadere.

Il fatto è, signor Mastella, che una persona come Grillo, che ieri ha fatto di mestiere il comico, oggi è uno dei pochi che fa politica in modo serio, e quelli che sono stati designati dai partiti italiani per fare i politici e che la gente, in mancanza di altre scelte, ha dovuto votare, si affannano oggi in tutti i modi per fare la parte dei comici in quel cabaret di bassa lega che è diventata la politica in Italia.

Ma lo scenario, purtroppo, non è quello di un cabaret, è quello di una tragedia, la tragedia di un paese allo sbando dove gli equilibri di Governo si reggono su ricatti incrociati e dove l’opposizione non aspetta altro che il suicidio del Governo per poter subentrare nell’esercizio del potere, ricominciare ad emanare "leggi ad personam" e continuare, come peraltro ha fatto anche questo Governo, nell’attuazione di quel patto scellerato tra lo Stato e la mafia per la spartizione del potere e degli appalti in Italia per cui è stato necessario eliminare Paolo Borsellino.

E io purtroppo vedo tante, troppe analogie tra le vicende di ieri e quelle di oggi. Oggi Paolo Borsellino e Giovanni Falcone vengono additati come degli eroi e, dopo averli uccisi, si cerca ancora di seppellirli a forza di commemorazioni, di lapidi e targhe stradali, quasi a rassicurarsi del fatto che siano veramente morti, ma ieri, quando erano sul punto di arrivare nelle loro indagini al punto focale dei rapporti tra la mafia e la politica, si cercava in tutti i modi di rendergli difficile il lavoro, di isolarli, di costringerli a trasferirsi in altra sede per riuscire a trovare degli spazi per poter continuare le loro indagini.

Anche De Magistris è stato messo in difficoltà dal suo capo, anche De Magistris è stato isolato, anche De Magistris si sta cercando di trasferire per renderlo innocuo, ma si ricordi, sig. Ministro, che per esperienza del passato, l’isolamento di un Giudice o di un investigatore è stato sempre il primo passo per additarlo alla vendetta della camorra e della mafia e chi da inizio e determina questo stato di cose non ha minori responsabilità, almeno morali, di chi ne decide l’eliminazione o preme il pulsante di un timer.

Si ricordi però che la gente non sopporterebbe che la storia si ripeta, quella stessa gente che nella cattedrale di Palermo prese a calci e schiaffi quei politici che pretendevano di sedersi in prima fila davanti alle bare dei ragazzi di Paolo, vi caccerebbe allo stesso modo da un Parlamento nel quale sedete fianco a fianco di personaggi inquisiti, prescritti o già condannati nei primi gradi di giudizio e questa volta non riuscireste a riciclarvi sotto altre sigle e nuovi partiti, a mantenere il potere e ad occupare indegnamente le istituzioni come avete fatto dopo il disfacimento della prima repubblica.

Salvatore Borsellino

mercoledì, ottobre 03, 2007

Ancora lui, Clemente... Pastella!

Il Mastellone....

Ma che abbiamo fatto di male?


Ma che abbiamo fatto di male per meritarci Mastella? Quale karma negativo pesa sul popolo italiano? Come possiamo espiare le nostre colpe e togliercelo dai piedi? Chi ha le risposte si faccia avanti, non ce la facciamo più! E' arrivata l'ultima ceppalonata fresca di giornata: adesso si è messo in testa di fare la censura preventiva ad «Annozero», il programma di Michele Santoro. Roba che neanche Berlusconi: lui almeno le censure e le epurazioni le faceva dopo la messa in onda dei programmi. Scrive Paola Di Caro sul «Corriere» di oggi (02.10.07):

"Andrà in onda solo tra due giorni, ma sulla prossima puntata di “Annozero” è già esploso un nuovo caso Mastella. Sì perché, saputo che la trasmissione di Michele Santoro si occuperà del contestato trasferimento del pm di Catanzaro De Magistris, gli uomini più fedeli del leader dell'Udeur sono insorti e hanno chiesto che la trasmissione venga visionata da presidente e direttore generale della Rai, e se serve venga fermata perché — dice il vicesegretario del partito Antonio Satta — non si può «utilizzare il servizio pubblico per fini strumentali e per colpire a senso unico un partito». In caso contrario? «Potremmo presentare una mozione di sfiducia al Cda Rai in Senato».

Parla di «libera iniziativa» di esponenti del suo partito Clemente Mastella, ma si capisce che è molto arrabbiato per quella che considera — per dirla con il suo capogruppo Mauro Fabris — una sorta di «persecuzione». E questo perché, spiega il Guardasigilli, «per essere tale, l'informazione deve essere equilibrata e i conduttori non devono essere faziosi, né con le parole né quando presentano servizi o sondaggi preparati ad hoc.
Qui si rischia di fare un processo stalinista alle persone, che deve finire per forza con le confessioni!». Ma la puntata di “Annozero” deve ancora andare in onda: non si tratta — come denunciano i dipietristi Donati e Mura — di una «inaccettabile censura preventiva»? «Io non invoco censure — la replica di Mastella —, ma chiedo: come mai il servizio pubblico sembra occuparsi solo di me? Non ho un partito del 50%. Così si falsa tutto e si incita all'odio». Per questo, il ministro fa sapere che lui in studio non ci sarà: «Non vado a farmi processare: se ci fosse un confronto all'americana, con un conduttore sopra le parti sì, certo che ci sarei. Ma così...».
E però, ad “Annozero” non sembrano affatto preoccupati: «Siamo qui in Calabria e ci stiamo occupando di un caso che sta suscitando emozione e mobilitazione come non se ne vedeva da tempo da queste parti: perché dovremmo fermarci?», si chiede quasi stupita Beatrice Borromeo, la bionda giornalista che affianca Santoro, e che nega ogni tipo di «killeraggio» su Mastella: «Lui nella vicenda De Magistris ha un ruolo non da protagonista, certo è coinvolto perché ha mandato gli ispettori a Catanzaro e poi ha deciso il trasferimento, ma la faccenda è più complessa ed è molto interessante, non vedo perché dovrebbero essere i partiti a dirci di cosa dobbiamo occuparci e di cosa no, e sono certa che la Rai ci sosterrà».
Certo, a leggere qualche passaggio di ciò che scrive sul suo blog l'inviato di punta in Calabria di “Annozero”, Sandro Ruotolo, per Mastella nemmeno quella di giovedì si annuncia come serata facile: il Guardasigilli viene definito «ministro dell'Ingiustizia», si denuncia che «non si era mai visto che un ministro chiedesse "l'allontanamento preventivo" di un sostituto procuratore» che sta indagando anche sui rapporti tra «il nostro di Ceppaloni» e alcuni indagati e su Prodi.
Ma un consigliere Rai come Sandro Curzi — che pure aveva difeso il ministro a spada tratta sul caso “Ballarò” —stavolta è cautissimo: «Aspetto di vedere la puntata prima di giudicare, ci mancherebbe. Se qualcuno ha potere di chiedere informazioni preventive, quello è solo il direttore generale. E comunque, non trovo nulla di strano nel fatto che si faccia una trasmissione sul caso De Magistris, anch'io vorrei saperne di più su una vicenda come questa. Per questo credo che opporsi alla messa in onda della puntata, e minacciare di sfiducia il Cda, sia una forzatura dell'Udeur».

(Scritto da Massimiliano Romiti, Coordinatore nazionale Vp)

(da www.volontapopolare.it)

martedì, ottobre 02, 2007

QUALCOSA DI ROSSO PER LA BIRMANIA...

Birmania: il video della manifestazione, l'appello dei bloggers e dei cattolici

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Niente da fare. A differenza di quanto avevamo annunciato ieri, l'inviato dell'Onu Ibrahim Gambari non ha avuto ancora il via libera per incontrare il generale Thai Shwe. Intanto prosegue la calma apparente per le strade di Rangoon, ma le voci che confermano l'arresto di 4.000 monaci si fanno sempre più insistenti.

Oggi una testimonianza su Repubblica ci informa che 5.000 bonzi coinvolti nelle proteste sarebbero stati deportati nei lager a Putao, al confine tra Cina e India, dove le temperature spesso toccano lo zero.

Ma la Rete prosegue la mobilitazione. Dopo l'iniziativa Free Burma il testimone passa giovedì al Free Burma Day lanciato da Dario Salvelli. Ecco cosa fare:

Il giorno 4 Ottobre puoi aderire (che tu abbia un blog, una pagina personale, un forum, sia iscritto in un social network) al Free Burma! day semplicemente seguendo questi semplici passi:

1) Pubblica un post, una pagina o un contenuto (sul tuo blog, social network, forum, pagina web statica personale) con la scritta: “Free Burma”
2) Se puoi usa il Tag: “Free Burma”
3) Scegli ed inserisci uno dei banner presenti sul sito web: “Free-Burma.org
4) Inserisci un link a: “free-burma.org”

Pubblicato da Eleonora, Blogosfere Staff