Messori: "Il problema?
Troppi gay in seminario"
Troppi gay in seminario"
Vittorio Messori, emiliano, nato nel 1941 |
«I preti antidroga? I vescovi non li controllano e diventano superstar »
GIACOMO GALEAZZI
ROMAVittorio Messori, lei è coautore di Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger: qual è, da ascoltato frequentatore dei Sacri Palazzi, la sua idea sugli scandali sessuali nella Chiesa dopo gli ultimi casi giudiziari di don Gelmini e dei sacerdoti ricattati a Torino? «Un uomo di Chiesa fa del bene e talvolta cade in tentazione? E allora? Se fosse così per don Pierino Gelmini, se ogni tanto avesse toccato qualche ragazzo ma di questi ragazzi ne avesse salvati migliaia, e allora? La Chiesa ha beatificato un prete denunciato a ripetizione perché ai giardini pubblici si mostrava nudo alle mamme. Queste storie sono il riconoscimento della debolezza umana che fa parte della grandezza del Vangelo. Gesù dice di non essere venuto per i sani, ma per i peccatori. E’ il realismo della Chiesa: c’è chi non si sa fermare davanti agli spaghetti all’amatriciana, chi non sa esimersi dal fare il puttaniere e chi, senza averlo cercato, ha pulsioni omosessuali. E poi su quali basi la giustizia umana santifica l’omosessualità e demonizza la pedofilia? Chi stabilisce la norma e la soglia d’età?»
La Chiesa non controlla più i sacerdoti?
«Nessuno osa più comandare, si pretende dalla Chiesa il dialogo invece della disciplina. Ci si scandalizza del sacerdote molestatore, poi però il vescovo diventa un odioso despota se nega l’ingresso in seminario ad un gay. Ci si indigna dei peccati dei sacerdoti ma se l’autorità ecclesiastica cerca di imporre le regole scoppia il finimondo e si grida alla repressione, all’autoritarismo, alla discriminazione. Casi come quelli esplosi in questi giorni, la Chiesa li ha sempre ricondotti sotto il proprio controllo. Ma oggi il “vietato vietare” le proibisce di esigere disciplina al suo interno. La Chiesa ha sempre saputo che seminari e monasteri attirano omosessuali. Prima era molto attenta a porre barriere all’ingresso e a sorvegliare la formazione. Chi dimostrava tendenze gay veniva messo fuori. Poi il no alla discriminazione ha permesso l’ingresso in forze degli omosessuali e ora la Chiesa paga quell’imprudenza».
I suoi sostenitori definiscono don Gelmini un «santo»
«Non entro nel caso giudiziario, però è indubbio che nella storia della Chiesa una sessualità disordinata ha potuto convivere agevolmente con la santità. Sono legato al segreto richiesto dai Postulatori, ma potrei fare nomi celebri. Il fondatore di molte istituzioni caritative in Europa è stato proclamato Beato nonostante le turbe sessuali che per un istinto incoercibile lo spingevano a compiere atti osceni in luogo pubblico. Non mi scandalizzo, penso ai drammi umani che ci sono dietro. San Giovanni Calabria era un benefattore dell’umanità, ma è stato sottoposto a sette elettroshock: da psicopatico grave, da manicomio».
Perché scoppiano adesso questi scandali?
«In America è stata assolta la maggior parte delle diocesi che invece di patteggiare hanno tenuto duro e sono arrivate in giudizio. Però è innegabile che oggi nella Chiesa la castità fa problema. Sul piano umano è disumana. Si resta casti solo se si ha fede salda, fiducia nella vita eterna. Il deficit non organizzativo, ma di fede. E non si risolve abolendo il celibato ecclesiastico perché l’80% sono casi gay. Deviazioni sessuali di preti che mettono le mani addosso agli uomini e ai ragazzini. La caduta della fede e la rivoluzione sessuale accrescono il problema. Chi è causa del suo mal pianga se stesso: sono stati eliminati i controlli per ammettere in seminario pure gli effeminati il cui sogno era stare in mezzo agli uomini».
Le comunità antidroga sono terra di nessuno?
«La Chiesa deve tappare i buchi della società laica. I preti antidroga nessuno li controlla, sfuggono alla sorveglianza dei vescovi e dei superiori perché diventano superstar, con i rispettivi supporter politici. E così c’è lo schieramento dei buoni samaritani di destra e di quelli di sinistra, don Ciotti contro don Gelmini. I preti di Torino sono finiti nella rete dell’estorsione perché si è inventato il concetto ipocrita di pedofilia. Così un ricattatore senza arte né parte campa con la minaccia di far esplodere uno scandalo. Una volta ricattavano i notai con l’amante, oggi la categoria più esposta è il prete gay».
Un business, come dice Bertone?
«Sì. Negli Usa gli avvocati mettono cartelli per strada: “Vuoi diventare milionario? Manda tuo figlio un anno in seminario e poi passa da noi”. Le diocesi sono facilmente ricattabili, preferiscono pagare anche se innocenti. Temono un danno d’immagine. E l’inquinamento riguarda anche noi. Il politicamente corretto sta prendendo campo anche nel cattolicesimo italiano. E i risultati si vedono, purtroppo».
Nessun commento:
Posta un commento